ORDINI DALL’ALTO
Un sistema è un insieme di elementi legati da rapporti di causa e di effetto. Si mettono insieme concetti o meccanismi o forze e li si fanno dipendere da qualcosa o qualcuno in grado di aggregarle e di veicolarle.
L’ordine o il disordine nel sistema dipendono da un grado e da una capacità di coordinamento.
Nel regime nazista, sebbene ci potessero essere devianze e degenerazioni rispetto agli “ordini dall’alto” del fuhrer ossia possibili interpretazioni soggettive da parte dei vari poteri che si distinguevano, il collante rimaneva quel grado di sottomissione al carisma del designato capo indiscusso.
Il “saluto al duce”, l”heil Hitler”, la dittatura staliniste o maoista rappresentano atti di sottomissione da parte di interi popoli a personalità specifiche, alle loro ideologie e ai loro capricci.
D’altra parte quelle personalità non erano lì per caso. Avevano saputo cavalcare forme pensiero o prevaricare su elementi indeboliti. Insomma erano riusciti ad assumere il comando.
“D’ora in poi la legge ferrea della disciplina per ogni ufficiale, soldato e commissario politico dovrà essere: Non un singolo passo indietro senza un ordine dal più alto comando” si legge nell’Ordine 227 emanato da Stalin il 28 luglio 1942.
Non è tollerabile che in certe situazioni ognuno faccia come vuole. Lo vediamo nel buon funzionamento di un’officina, della cucina di un ristorante, nelle istituzioni. Ci sono ruoli, compiti e mansioni da rispettare.
Sei un soldato? Devi eseguire senza discutere agli ordini dei tuoi superiori. Sei un cuoco? Avrai margini di libertà, potrai essere responsabile dei piatti che escono e della gestione della cucina ma dovrai comunque rispondere a chi ti paga.
Le gerarchie esistono da sempre e la loro missione dovrebbe essere quella di garantire un ordine. Cosa ci pone tutti sullo stesso livello e cosa ci obbliga a separarci per grado?
Secondo l’amore cristico siamo tutti fratelli.
Secondo determinate distinzioni e discriminazioni ci distinguiamo. Veniamo alzati o abbassati su una scala gerarchica stabilita da criteri e linguaggi.
L’ebreo nella storia è stato bollato, marchiato. Ha subito persecuzioni atroci quando si sono manifestate certe condizioni. Un odio ha sancito che neri o ebrei potessero essere razze inferiori e addirittura pericolose, che potessero minacciare la salute della società.
Così il razzismo è diventato un credo, ha contagiato la società ed è riuscito a indurre le persone ad operare veri e propri stermini.
E’ bastata una propaganda, qualche scritto di pseudo scienziati e l’indottrinamento da parte di personalità psico labili.
La storia è fatta di idee. Perfino il processore di un computer gestisce un sistema secondo filosofie specifiche.
“… Chiunque lavori veramente in funzione del Führer seguendo le sue linee e per i suoi obiettivi, un giorno, oggi o nel futuro, certamente avrà la migliore ricompensa in un inatteso riconoscimento ufficiale del suo lavoro…” si legge in un testo dal titolo “Stalinismo e nazismo. Dittature a confronto”.
C’erano delle ricompense derivate dal fatto di collaborare per un regime.
Oggi cosa possiamo dire?
- Chi li paga gli operatori della propaganda?
- Chi stabilisce le teorie scientifiche utili all’affermarsi di un pensiero unico?
- Chi è il fuhrer che decide? E’ una persona, un’entità, un’organizzazione?
- Uno come Hitler si fece da solo o fu fortemente voluto da qualche tipo di elite?
Gli ordini dall’alto oggi decidono di sospendere chi non si adegua alla filosofia di un regime occulto, manovrato da poteri extra politici che usano la politica per i propri scopi. Nelle trasmissioni televisive si fa di tutto per discriminare, per denigrare chi la pensa in modo diverso.
Dobbiamo stupirci o da sempre funziona così?
Dobbiamo credere nella giustizia nell’amore, nella verità, ma da sempre questi valori sono stati conquistati. Non sono ancora automatici, scontati, genetici.
Un tale con i baffetti è riuscito a realizzare il sogno della “Sua battaglia” con il contributo di milioni di sudditi.
Gli aspetti sono sempre
- qualitativo
- quantitativo
E’ importante riconoscere la qualità di un pensiero e la sua forza, il suo peso, la sua capacità di radicarsi in più persone.
Cosa vogliamo dunque?
Un regime o una società democratica?
E’ ancora questione di forze in campo.
Siamo troppo pochi a volere la libertà e il trionfo dei dritti universali? Vincerà un regime ma non per molto. E’ in atto un risveglio e possiamo sperare in una sua poderosa accelerazione. Per questo dobbiamo aprire gli occhi e farli aprire a tanti. Il mondo è nostra responsabilità.
A breve il mio libro “Il respiro della dignità”, un contributo umile a questo risveglio.
Paolo Milanesi