CATALDO DE LA MINCHIONIER
Mi sono sempre state sul cazzo le teste di cazzo fatte di cazzo.
La più grande ipocrisia umana è quella di aver invertito gli istinti e averne fatto cinema cerebrali.
In punto di morte un mio lontanissimo parente, credo dei secoli appena antecedenti il regno di Pipino il Breve, si rese conto di essere preso per il culo dai regnanti.
Nel luogo dove egli viveva regnava Pipino il Medio Corto, amico dello sceriffo di Nottingham, che dopo aver masticato troppe Brooklin divenne lo sceriffo di Notti in chewingum.
Il mio antenato si chiamava Cataldo de la Minchionier, figlio adottivo di un certo Allupatus mandrillus ed era un giullare porno divo. Viveva a corte allietando le signorotte sollazzandole con prestazioni macabre. Si tingeva di rosa e saltellava di stanza in stanza nudo con un candelabro in testa che a suo dir gli serviva per illuminare più facilmente nell’animo femminile.
Un giorno bussarono alla porta gli scagnozzi di Pipino il Medio Corto a chiedere la tassa sul candelabro e sulla percentuale di letame presente nell’aria che respiravano i contadini. Egli, colto da un raptus si spogliò (togliendosi il candelabro dalla testa), si svitò la testa, infilò sul collo il suo prestante fallo e prese a colpire i vigili urlando contro di loro “teste di cazzo, cazzi di teste”.
Uno di loro rimase gravemente offeso e sconvolto dal veder una simile esuberanza. Cataldo del la Minchionier fu immobilizzato. Il suo membro venne svitato dalla testa e consegnato alla bibliotecaria, una certa Sudomagodibus Lucrezia che lo mise in uno scaffale guardato a vista da un cane lupo cieco e forse anche slovacco.
Ci fu una grande festa la sera. Cosa si festeggiò? Era la giornata mondiale delle teste di cazzo. Parteciparono tutti i governanti, primo fra tutti Pipino il Breve in pompa magna che però fu svestito dei suoi averi e arso sul rogo a mezzanotte in punto.
Arrivò a mezzanotte e zero uno una vigilessa, tale Sodoma Rebecca Lo Anco Ra Una Volta In Plus. Diede la multa per odori abusivi ma gli abitanti ormai non ne potevano più. La panificarono con lievito madre, la avvolsero nel chewing gum masticato di Cataldo che venne liberato ed eletto re Minchione per una Notte.
Sorse un governo onesto fatto di squilibrati. Unica regola era quella di scoreggiare in La bemolle. Pochi ci riuscivano, così la maggior parte degli abitanti era impegnata in questo tentativo. Nessuno lavorava più, il denaro non circolava e venne abolito. Il paese fu sommerso dalla vegetazione incolta e trascurata.
Un giorno il principe di Biancaneve passò di lì per chiedere dove poter trovare la fanciulla addormentata. Fu baciato in bocca da un rospo e divenne magistrato. La maledizione di Kakkapupù, il dio degli sceriffi sommerse il paese con tonnellate di letame su cui crebbero straordinari fiori fatti dalle teste di cazzo degli abitanti. Ancora oggi si narra che quei campi fioriti siano dotati del potere magico di emettere strani odori in La bemolle.
Diventato patrimonio Un’escort, quel piccolo habitat sperduto nel sud della Francia richiama signorotte viziose e petomani di tutto il mondo.
Rimane un costante pericolo di esplosione, per questo il corpo dei vigili del fuoco è sempre allerta. Immani teste di cazzo anche loro, prendono lo stipendio senza un senso logico vigilando un fuoco che non ci sarà mai.
E’ solo un pericolo conclamato e inventato dal tempo. Solo l’ennesima presa in giro di una società che rifiuta i sensi e lo spirito in nome di una sicurezza artificiale, che condanna gli odori sani, che non sa liberarsi dei gendarmi.